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3/7/2023

Gli amori briciola


In questo momento storico di aridità dei sentimenti ecco comparire la definizione di “Amori briciola”.



Ma cosa sono gli “amori briciola” ? 

Sono relazioni con una modalità di stare insieme arida, stitica, asciutta senza coinvolgimento emotivo ed affettivo soprattutto da parte di un partner che elargisce appunto “briciole” all’altro che spesso si accontenta di raccoglierle. 

Dare le “briciole” significa dare molto poco in una relazione.

E di relazioni briciola è pieno il mondo. Si tratta di quelle persone che stanno insieme pur dandosi il minimo indispensabile: poco dialogo, poca intimità, sesso scarso, nessuna confidenza, tempo insieme quello strettamente necessario.

La relazione come una scatola vuota che pesa poco, a volte troppo poco che vola via al primo soffio di vento.

Va bene se entrambe le persone sono soddisfatte così, va un un po’ meno bene se uno dei due è insoddisfatto o soffre. 

Ma chi sono le persone briciola?

Le personalità “briciola”, così definite dalla Telferner nel suo libro (Gli amori briciola. Quando le relazioni sono asciutte)sono persone caratterizzate da una importante tirchieria affettiva che li porta ad investire con il conta gocce nelle relazioni, al fine di non destabilizzare e perturbare troppo il proprio mondo.

L’autrice utilizza una serie di aggettivi che permettono di tracciare il profilo di queste personalità: calmi, freddi, egoisti, prudenti, responsabili, prevedibili, legalisti, sposati con il loro lavoro, razionali, hanno una vita interiore pragmatica, non condividono.

Persone che possono apparire intense sul piano relazionale ma lo sono solo in maniera autarchica, mai impegnate in un dialogo di reciprocità. 

L’autarchia è il loro modo di stare al mondo, non tingersi di emozioni dell’altro è un’esigenza, non dare conferme è l’unica modalità appresa, in sostanza “ballano da soli”. 

Si tratta di persone con un’intelligenza astratta raffinata, professionalmente competenti, soddisfatti dei loro orizzonti, ma affettivamente con il freno a mano tirato e con un attaccamento evitante/mancato/distanziante. 

Assolutamente bisognosi di solitudine.

Nelle relazioni, come dei ragionieri ossessivi, calcolano costantemente il peso del loro coinvolgimento, non lasciano fluire. Sono così terrorizzati che le richieste del partner diventino obblighi che si sottraggono alle pretese ancora prima di sentirne il bisogno. Si basano su sensazioni per leggere le proprie emozioni…(es.”Non so se le voglio bene, ma voglio il suo bene”) non accorgendosi che volere il bene dell’altro è già un voler bene. 

Altro es. “Ho ancora voglia di chiamarla/sentirla/vederla quindi il rapporto sta procedendo”, usano le azioni per comprendere quello che sentono. 

È come se fossero sempre pervasi da un “dubbio” sul loro rapporto.

Es.”È la persona giusta? Siamo compatibili?”…

I rapporti possono funzionare finché non diventano “troppo coinvolgenti”, a questo punto scappano, spariscono, fuggono da qui l’appellativo di amori fuggiaschi. 

Per i “briciola” i partner sono un’insidia dalla quale proteggersi.

Non sopportano gli oneri e le tensioni dello stare in due, ne’ qualsiasi limite alla agognata libertà.  Rifuggono persino le vacanze lunghe, a volte anche un weekend può essere costrittivo perché li distrae da loro stessi e li invade una sensazione di obbligatorietà. Sentirsi liberi di fare quello che si vuole senza dar conto all’altro e avere sempre la possibilità di tenere aperte le porte per le possibili altre esplorazioni amorose. 

In sostanza disinteressati all’approfondimento della relazione, non investono sul rapporto, ne’ tantomeno sull’altro.

Inizialmente mostrano la loro parte matura e interessante, il loro equilibrio, poi emerge la scarsa disponibilità emotiva ed affettiva.

Le personalità briciola hanno emozioni e sentimenti altrove, focalizzati su interessi propri, sul loro lavoro, sulla loro famiglia d’origine, vorrebbero relazioni “leggere” e non sono interessati a sentirsi intimamente legati con l’altro, ne’ capaci di cambiare il loro modo di avere una relazione.

I veri briciola professionisti sono quelli che stanno in una relazione lassa ma positiva “a piccolissime dosi” che si fanno la loro vita, poco innamorati, accasati e sposati con se stessi, senza spazio per altri, immaginandosi aperti alle novità ma fedeli invece unicamente alla loro immagine di se, in una sorta di solipsismo Kantiano, inamovibili e difesi.

Provengono usualmente da una famiglia d’origine emotivamente tirchia, genitori che hanno riservato loro scarsa attenzione, basata per lo più sul loro adeguarsi alle aspettative, in contesti pragmatici e poco emotivi in cui sono stati investiti di eccessiva responsabilità. 

Nell’infanzia è stato dato loro molto poco. 

Famiglie dove non si parla di emozioni o si tende a negarle. 

Si rintraccia spesso un legame con l’intero gruppo familiare, non solo con i genitori, che definisce la missione di cui è portatore il bambino in cambio del riconoscimento da parte del gruppo. Il genitore gli chiede implicitamente di confermare a lui genitore di essere un buon genitore, un buon genitore di un buon bambino. E restano bambini buoni i “briciola”: sono spesso figli parentali (genitori dei loro genitori, diventando così i nonni di se stessi) hanno fatto da genitori agli adulti e si ritrovano coinvolti con la famiglia d’origine anche da adulti. Questo li rende ancora più desiderosi di libertà e insofferenti alle costrizioni. 

Fin da bambini hanno sentito il peso della responsabilità, per cui desiderano non farsi carico degli altri e ancor di più del partner.

E proprio al partner si offre sempre meno. 

Condividere può diventare un fastidio, la povertà emotiva essere la caratteristica principale.

Ed infine la distanza l’epilogo. 


Come si convive con una persona che offre poco o si ritira dalla relazione? 

Solo alcuni spunti di riflessioni per gestire questo tipo di relazioni: 

  • Coltivando spazi propri e ampliando la propria vita, attraverso nuovi interessi e nuove conoscenze in un percorso di crescita della propria autostima 
  • Costruendo la propria indipendenza e il proprio centro imparando a contare su se stessi
  • Rinunciare a lamentarsi e non cadendo nel vittimismo 
  • Prendersi cura di se’ e fare cose che ci piacciono (una piccolissima cosa piacevole al giorno)
  • Smettere di delegare agli altri la propria felicità 
  • Imparare a lasciare andare ciò che non ci soddisfa
  • Staccandosi, de-ossessionandosi dall’altro, a volte andandosene 
  • Congiura del silenzio, ovvero non parlare con gli altri del partner o della relazione…più parliamo del partner o della relazione più ci leghiamo 
  • Avere chiaro i limiti che non si vogliono superare
  • Chiedere aiuto e fare un percorso di psicoterapia 

Per vivere relazioni funzionali che ci fanno stare bene e ci appagano dobbiamo necessariamente passare attraverso l’elaborazione di amori che ci hanno fatto soffrire. 

L’amore è un bisogno anche evolutivo, che appartiene alla maggioranza di noi.

L’amore è desiderio di perdersi, di condividere, di coinvolgersi, di farsi perturbare, di sognare, di ballare insieme, di godere insieme. Ma se l’amore è questo è anche litigio, fastidio o un qui pro quo, perché anche gli scontri, le differenze, le incomprensioni aiutano ad approfondire la relazione, perché amarsi non ha qualità, non è di più o di meno. Ognuno ama come sa amare. 

Si tratta di un accadimento, uno stato d’animo un po’ magico. 

L’amore è il più sublime degli autoinganni. 

Amare è un regalo che ci facciamo, che ci fa la vita, è aprirsi al mondo, è mettersi in gioco, un atto di fede, una ragione per vivere.

L’amore è un valore aggiunto…

Forse questi pensieri sull’amore sono solo elucubrazioni romantiche tipicamente femminili, ma sono anche il riscontro di tutti i racconti raccolti dai miei pazienti. 

Ogni coppia danza un suo ballo specifico fatto di seduzione, passione, infatuazione, innamoramento, desiderio, ma anche d’indifferenza, litigi, noia, routine, incompatibilità, crisi, conflitti, separazioni. 

L’amore è un sentimento irrazionale. “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”, scriveva B.Pascal, un sentimento che sgorga da di dentro e che ci permette di ampliare la nostra capacità di sentire o approfondire la conoscenza di noi stessi.

Mi auguro che anche il “soffrire” per amore non faccia né paura, né 

sia considerato inevitabile, tantomeno una perdita di tempo. 

La sofferenza può essere considerata una tappa nel percorso di vita, un dolore che è anche opportunità per lavorare su se stessi, un’occasione per approfondire la conoscenza di noi stessi.

Più conosciamo noi stessi, più saremo autonomi e consapevoli aumentando la nostra libertà. 

Più siamo liberi e ci amiamo più saremo capaci di amare.

Perché chi non si ama non sa amare. 


Dott.ssa Giulietta Vulcano

Bibliografia. “Gli amori briciola: Quando le relazioni sono asciutte:” di U.Telfener






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